Perché l’autopubblicazione

Leggo molto, da sempre.

Scrivo costantemente da ormai più di cinque anni.

Giunto alla fine del mio primo libro, ero curioso di conoscere il mondo editoriale sulla mia pelle prima di prendere altre vie.

Ero cosciente, al pari di ogni lettore attento, che molti titoli vengono pubblicati e poi pompati al massimo senza troppa attenzione alla qualità o all’originalità dello scritto. Piuttosto la scelta dipende da chi l’ha scritto, spesso un conoscente diretto dell’editore, un amico di amici, o altre rare volte un caso unico e eclatante.
Tante ottime produzioni italiane potrebbero essere diventate famose a livello mondiale con una buona strategia a livello editoriale.

Oggi però le case editrici aspettano da un autore che faccia tutto da solo: scrivere, correggere, preparare i vari formati digitali, pensare a una bella copertina e buttarsi nel marketing da solo.

Se quello che fa da solo porta a buoni risultati allora si prende in considerazione l’idea di una pubblicazione.
Come dire: fai tutto tu, e se funziona ci metto la firma.

Quelle che offrono servizi di pubblicazione a pagamento poi non le considero case editrici vere e proprie, tanto vale andare in tipografia.

Nei mesi di attesa dopo l’invio del mio manoscritto a almeno una quarantina di case editrici, sono aumentati ancora i miei più dubbi. Qual’è il ruolo culturale di una casa editrice se si muove solo quando è sicura che un investimento editoriale sia a colpo sicuro? Che ne è dell’innovazione culturale? Sono strutture in grado di capire come muoversi al giorno d’oggi o piuttosto aspettano di captare nuove idee dai nuovi autori?

E soprattutto, se devo fare tutto da solo perché mi manca il contatto giusto per farmi leggere da un editore, perché dovrei voler condividere i risultati dei miei sforzi con una casa editrice che non è stata capace di ricevere la mia proposta?

Sarebbe come se un precario regalasse il suo stipendio al proprio datore di lavoro.
È il riflesso del mondo del lavoro oggi in Italia, riassumibile un po’ genericamente così: “La crisi è per chi dorme! Vieni a lavorare per noi: se ci fai fare dei soldi, te ne puoi tenere una particina…”

Per questo ho capito qual’era la strada da prendere.
Viva l’autopubblicazione e chi crede in quello che fa!


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